
Giovan Battista Moroni ad Albino
Tra i numerosi artisti a cui la Valle ha dato i natali il più noto è sicuramente l’albinese Giovan Battista Moroni. Nato ad Albino intorno al 1520 con i suoi ritratti conquistò la nobiltà del tempo e con le sue opere religiose adornò numerose chiese della bergamasca. La sua bravura era tale che si narra che persino Tiziano, raggiunto a Venezia da un uomo che voleva farsi ritrarre da lui chiese al potenziale committente: “Non avete forse a Bergamo il Moroni?”, un aneddoto probabilmente inventato ma di significativa importanza per comprendere la grandezza del pittore albinese.
Il ritratto è il grande punto di forza del Moroni che “immortalò” negli anni rampolli e rappresentanti delle più importanti famiglie bergamasche, ma anche (e fu questa la sua grande forza) uomini e donne più umili ma altrettanto dignitosi: avvocati, sarti e mercanti ritratti con gli attrezzi del loro lavoro e con un realismo senza precedenti che non perdonava neppure i dettagli meno belli come rughe, bernoccoli e altri difetti fisici.
Oltre alle committenze private giunsero numerose al pittore le commissioni di opere sacre, molte delle quali ancora oggi sono conservate nelle loro collocazioni originali in diverse chiese della Val Seriana.
L’itinerario qui proposto parte da Albino, dove il pittore è documentato in diversi periodi della sua vita, e dove è possibile scoprire alcuni dei luoghi importanti per la sua biografia. Nel centro storico si trova la Chiesa parrocchiale di San Giuliano Martire che ospita, in due altari laterali, la tela rappresentante il Crocifisso tra i Santi Bernardino e Antonio da Padova risalente al 1573-75 ca e l’opera raffigurante la Trinità datata intorno al 1555 e inizialmente destinata alla chiesa della Trinità di Fiobbio, frazione di Albino. La Crocifissione è ritenuta dagli esperti tra le opere sacre più alte dell’artista per la sua capacità di rappresentare “l’immersione fisica e psicologica del personaggi” all’interno dell’ambiente che li circonda. Per la Trinità Moroni si ispirò all’opera con medesimo soggetto realizzata da Lorenzo Lotto, nell’opera moroniana però il Cristo risulta più statico e riprende l’iconografia medievale che vedeva il Cristo rappresentato in una mandorla, qui in qualche modo sostituita dalla luce dorata che lo circonda. La sagrestia di San Giuliano conserva infine uno stendardo doppiamente dipinto: da un lato la Madonna con Bambino, dall’altro la Visitazione che rappresenta l’incontro di Maria con Santa Elisabetta che porta in grembo Giovanni Battista.
L’itinerario procede poi verso il Santuario della Madonna del Pianto dove è conservato il Cristo Portacroce, datato intorno al 1570-75, proveniente dall’antica chiesa di San Rocco.
In quest’opera la tragicità della passione è resa in maniera pacata ed essenziale, secondo lo stile di Moroni: la sofferenza del Cristo non viene esibita, traspare appena da un sospiro sul volto assorto; anche le ferite inferte dalla corona di spine non vengono mostrate, si può scorgere solo qualche goccia di sangue sul viso pallido.
Il senso di solitudine della figura del Cristo si rispecchia nella solitudine del paesaggio dove nella quiete apparente si muove un vento divino che piega i pochi alberi sullo sfondo. Il rapporto tra la natura, così coinvolta nell’episodio sacro, e il soggetto è lo stesso di un’altra straordinaria opera del Moroni: Il Crocefisso e Santi di Albino.
Il percorso sui passi del Moroni si conclude infine in un’altra frazione di Albino, Bondo Petello, dove la Chiesa parrocchiale dedicata a Santa Barbara ospita sull’altare maggiore della la Madonna col Bambino in gloria e le Sante Caterina d’Alessandria e Barbara; datata 1562-1564 ca l’opera è la più antica pala d’altare realizzata dal pittore per la propria città natale.
Le Sante si comportano in modo completamente diverso: sulla sinistra Barbara, riconoscibile dalla torre, simbolo del suo martirio, si rivolge in preghiera alla Madonna, apparsa nel cielo su una nube e circondata da piccoli cherubini; sulla destra Santa Caterina rivolge invece lo sguardo verso lo spettatore, quasi invitandolo a partecipare alla sacra conversazione e facendo quindi da tramite tra il mondo terreno e quello divino.